Indirizzo Lezione: https://www.youtube.com/watch?v=bPk1S8pKhhQ
Da: Associazione Vedibarta Bam
La Torà ci insegna: «Farai ciò che è retto e buono [hayashàr vehatòv] agli occhi di HaShèm» (Devarìm 6:18). La retta via, dice Rashi, è andare lifnìm mishuràt hadìn, andare oltre la lettera della legge. La precedente via per la saggezza – amare adempiere ai propri obblighi – implica fare ciò che è giusto e corretto. Questa via, invece, implica essere in sintonia con lo spirito della legge, non solo con la lettera della legge, e fare ciò che è corretto ed equo considerando chi sei e le circostanze uniche in cui ti trovi.
Il Ramban commenta notoriamente le parole «Kedoshìm tiheyu – Sarete santi», (Vayikrà 19:1), dicendo che tecnicamente una persona può essere un navàl bereshùt haTorà, ossia un individuo ripugnante e disgustoso stando, nonostante ciò, dentro i parametri della Torà. Ad esempio, potresti fare beneficienza in un modo freddo e spietato che porta il destinatario a sentirsi inutile, oppure potresti fare la carità con un sorriso caloroso e premuroso che solleva lo spirito del destinatario e ripristina la sua umanità. In entrambi gli scenari, adempiresti al tuo obbligo di tseddakà, ma la prima modalità non coglierebbe il punto di questa buona azione, mentre la seconda costituisce il modo corretto e giusto di dare aiuto a chi ha bisogno.